“Smettiamola di parlare di fascismo e comunismo, sono termini vecchi non più utili a descrivere la politica moderna”. Scrivo questo articolo perché mi pare una questione cruciale e sempre più inflazionata, considerando la quantità di commenti di questo tipo che ho personalmente letto su vari social network.
Alcuni rivendicano questo superamento in quanto inciterebbe
all’odio ponendo due fazioni contrapposte ed eternamente in lotta.
Normalmente, a questo segue il ribadire come sia il comunismo che il fascismo
abbiano provocato milioni di morti e regimi dittatoriali tremendi.
Personalmente mi trovo parzialmente d’accordo con quest’ultima posizione.
Queste fazioni tendono infatti a strumentalizzare problemi e questioni
specifiche su basi ideologiche, il che, oltre a rischiare di fomentare la
violenza, non rappresenta il metodo corretto per sviluppare una profonda
comprensione degli eventi a cui si sta assistendo.
Perché però mi trovo d’accordo solo in misura parziale? Sarà una mia
percezione dato che non ho statistiche affidabili per esserne sicuro, ma
ritengo che sia più frequente che a condividere questo tipo di opinioni sia
proprio chi è accusato di essere fascista. In questo caso, è una difesa
efficace: permette infatti di farsi scivolare addosso l’accusa senza dover
affermare di non essere fascista. Bel colpo.
Questo però è il motivo per cui, seppur tenendo sempre a mente i principi
democratici, non bisogna dimenticare il fascismo e il dovere di opporsi ad
esso. Dopo questa affermazione, è poi subito opportuno aggiungere che non
essere fascisti non equivale ad essere comunisti, così da evitare di
incappare proprio in quella estremizzazione considerata fomentatrice di odio.
Qui siamo infatti in presenza di una falsa dicotomia, ossia una delle
fallacie logiche più comuni tra chi governa tramite il vecchio principio del Divide
et impera. Questo errore logico si verifica quando si mostra la realtà solo in
bianco e nero, quando invece esiste un’intera sfumatura di grigi e moderazione
in mezzo. In questo caso, è uno strumento retorico caro ai nostalgici: tirare
in ballo lo spauracchio del comunismo è sempre una vittoria assicurata.
A questo punto, siamo davanti al meme dei tre spiderman, ossia i tre
mascherati allo stesso modo che si accusano a vicenda. Il problema, infatti, è
che non tutti i (pseudo)fascisti parlano in maniera chiara alla luce del sole
(specialmente non lo fanno quelli che contano). Difficilmente un nostalgico in
parlamento potrà esprimersi in questa maniera:
Se il Fascismo non è stato che olio di ricino e
manganello e non invece una superba passione della migliore gioventù italiana,
a me la colpa! Se il Fascismo è stato un’associazione a delinquere (omissis), a
me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale
io l’ho creato. (1)
Se è quindi vero che a livello pratico sia complesso intervenire in questo
tipo di questioni, non bisogna però dimenticarsi del paradosso della
tolleranza e delle sue potenzialmente gravi conseguenze. Permettere infatti
di poter dire qualsiasi cosa, anche in barba ai principi costituzionali,
semplicemente perché lo si fa in maniera pacata significa rompere le regole del
gioco su cui si basa la Democrazia e lo Stato di Diritto. Non può che quindi
sorgere la domanda: chi è in grado prevedere e gestire le conseguenze di quanto
il patto sociale comincia ad incrinarsi?
Il Cercatore di Senso
(1) Benito
Mussolini, discorso alla camera dei deputati il 3 gennaio 1925
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