lunedì 3 novembre 2025

Ha ancora senso parlare di Fascismo (e Comunismo)?

“Smettiamola di parlare di fascismo e comunismo, sono termini vecchi non più utili a descrivere la politica moderna”. Scrivo questo articolo perché mi pare una questione cruciale e sempre più inflazionata, considerando la quantità di commenti di questo tipo che ho personalmente letto su vari social network.

Alcuni rivendicano questo superamento in quanto inciterebbe all’odio ponendo due fazioni contrapposte ed eternamente in lotta. Normalmente, a questo segue il ribadire come sia il comunismo che il fascismo abbiano provocato milioni di morti e regimi dittatoriali tremendi. Personalmente mi trovo parzialmente d’accordo con quest’ultima posizione. Queste fazioni tendono infatti a strumentalizzare problemi e questioni specifiche su basi ideologiche, il che, oltre a rischiare di fomentare la violenza, non rappresenta il metodo corretto per sviluppare una profonda comprensione degli eventi a cui si sta assistendo.

Perché però mi trovo d’accordo solo in misura parziale? Sarà una mia percezione dato che non ho statistiche affidabili per esserne sicuro, ma ritengo che sia più frequente che a condividere questo tipo di opinioni sia proprio chi è accusato di essere fascista. In questo caso, è una difesa efficace: permette infatti di farsi scivolare addosso l’accusa senza dover affermare di non essere fascista. Bel colpo.

Questo però è il motivo per cui, seppur tenendo sempre a mente i principi democratici, non bisogna dimenticare il fascismo e il dovere di opporsi ad esso. Dopo questa affermazione, è poi subito opportuno aggiungere che non essere fascisti non equivale ad essere comunisti, così da evitare di incappare proprio in quella estremizzazione considerata fomentatrice di odio. Qui siamo infatti in presenza di una falsa dicotomia, ossia una delle fallacie logiche più comuni tra chi governa tramite il vecchio principio del Divide et impera. Questo errore logico si verifica quando si mostra la realtà solo in bianco e nero, quando invece esiste un’intera sfumatura di grigi e moderazione in mezzo. In questo caso, è uno strumento retorico caro ai nostalgici: tirare in ballo lo spauracchio del comunismo è sempre una vittoria assicurata.

A questo punto, siamo davanti al meme dei tre spiderman, ossia i tre mascherati allo stesso modo che si accusano a vicenda. Il problema, infatti, è che non tutti i (pseudo)fascisti parlano in maniera chiara alla luce del sole (specialmente non lo fanno quelli che contano). Difficilmente un nostalgico in parlamento potrà esprimersi in questa maniera:

Se il Fascismo non è stato che olio di ricino e manganello e non invece una superba passione della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il Fascismo è stato un’associazione a delinquere (omissis), a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato. (1)

Se è quindi vero che a livello pratico sia complesso intervenire in questo tipo di questioni, non bisogna però dimenticarsi del paradosso della tolleranza e delle sue potenzialmente gravi conseguenze. Permettere infatti di poter dire qualsiasi cosa, anche in barba ai principi costituzionali, semplicemente perché lo si fa in maniera pacata significa rompere le regole del gioco su cui si basa la Democrazia e lo Stato di Diritto. Non può che quindi sorgere la domanda: chi è in grado prevedere e gestire le conseguenze di quanto il patto sociale comincia ad incrinarsi?

 

Il Cercatore di Senso

 

(1) Benito Mussolini, discorso alla camera dei deputati il 3 gennaio 1925

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