sabato 2 maggio 2020

Il film della vita

Curiosando nei gruppi social riguardanti le religioni orientali mi capita spesso di imbattermi nella seguente "verità di fede": è impossibile pensare che il nostro corpo sottile (leggasi anima, spirito, psiche a seconda delle diverse tradizioni e confessioni) vada incontro all'annientamento. Ciò che a me, convinto sostenitore della ragione, suona più strano è il fatto che a cuor leggero si pronunci la parola impossibile. Una convinzione così granitica dovrebbe essere supportata da un'ottima argomentazione e invece viene spesso accompagnata da una vastissima serie di idee e convinzioni che possono tutto tranne che sopportare il peso dell'assoluto. Qualche frase che mi è stata rivolta giusto per dare un'idea del tenore del discorso medio:
  • il buddha era molto saggio, quindi mi fido di lui (anche se in teoria il buddha stesso affermava che non gli si dovesse credere per fede);
  • il buddhismo è aperto al confronto con la scienza e questa non sa spiegare come nasce la mente cosciente quindi significa che la scienza è inutile;
  • quel tale scienziato ha spiegato come la mente non possa morire. Leggi i suoi libri se vuoi capire;
  • ci sono molte persone che raccontano le loro vite passate;
  • il mondo materiale è illusione, quindi l'unica scienza che può dirci la verità è quella indicata dai santi illuminati. Il fatto che tu voglia capire razionalmente dimostra che sei un ateo materialista incapace di vedere al di là del tuo credo miope.
Inutile dire che i precedenti argomenti non solo sono insufficienti per vincere il mio sano scetticismo di fondo, bensì sono ancora più assurdi quando si ritiene che bastino per provare che la vita oltre la morte sia una certezza incontestabile. Ora non voglio entrare nel merito delle prove proposte, lasciando questo compito ad un altro articolo, bensì andare direttamente al punto della questione, ossia dimostrare come sia assolutamente ragionevole presupporre che non esista una vita oltre la morte. 

Già qui sono costretto a fermarmi per fare un'importante precisazione: spesso mi viene fatto notare che la scienza ha sbagliato in molte occasioni e che pertanto non è saggio ritenerla affidabile. L'unica soluzione è quindi quella di dedicarsi interamente allo spirito e alla pratica (ossia meditazione e preghiera) finché non si raggiunge la certezza desiderata. A tale contestazione faccio sempre notare (venendo raramente capito) che a questo livello del discorso non bisogna guardare tanto alle prove, bensì soprattutto riflettere attorno alla ragionevolezza di una credenza. Io sono scettico nei confronti della reincarnazione non perché non ci siano prove scientifiche a favore, bensì perché già dal punto di vista razionale è una teoria contraddittoria che fa acqua da molte parti. Questo ovviamente non significa che creda di avere assolutamente ragione, al contrario, sfido l’interlocutore a trovare un buon motivo che mi convinca a cambiare idea. In tal caso sarò ben felice di approfondire il discorso, magari anche attraverso la pratica di preghiere e meditazioni.

Detto questo, la riflessione che propongo, nonostante derivi direttamente da un discussione avuta con due seguaci buddhisti, la si deve però intendere di più ampio respiro, capace quindi di rispondere anche ai credenti di altre religioni che fanno ragionamenti simili. Di seguito si tenta quindi di dimostrare la ragionevolezza dell’ipotesi che la vita sia una e una soltanto.

Considerazioni e domande:
punto primo: dire che ciò che è è e ciò che non è non è significa utilizzare due parole aventi in questo contesto un significato logico preciso che non può assolutamente venire frainteso. Il nulla non deve essere inteso come il vuoto, il buio o la morte, bensì semplicemente come il contrario dell’essere: se premendo ON si ha l’essere, premendo OFF si ha il nulla. Questo significa che essere e non essere sono contrapposti come lo sono il bianco e il nero, quindi l’essere non può diventare il non essere e viceversa.

A questo punto si ha la prima domanda da rivolgere al proprio interlocutore: quando dici che noi siamo e non possiamo diventare nulla intendi dire che solo l'uomo o in generale ogni essere/ente presente nel cosmo sia eterno? Se la risposta è solo l'uomo allora si ha già la prima contraddizione, perché non vi è alcun motivo per pensare che tra uomo e bestie ci sia una differenza ontologica, ossia incolmabile, che giustifichi un trattamento differenziato in merito alla logica elementare enunciata precedentemente. Una risposta del genere presuppone il credere ad un'anima o qualcosa del genere ma così facendo si svela come la propria convinzione sia basata sulla fede che esista qualcosa di impalpabile ed eterno, non su un ragionamento inattaccabile. L’onere dell’argomentazione e della conseguente prova a favore dell’esistenza dell'anima rimane in capo al credente, non allo scettico.

punto secondo: se la candela rappresenta la materia che esiste e la fiamma è l'agire del tempo sulla materia, è ammissibile (ossia non è assurdo) pensare che una volta che la fiamma abbia consumato la candela questa cessi di esistere? Coerentemente bisognerebbe rispondere di no: la candela non cessa di esistere, è solo stata completamente sciolta dal fuoco, trasformandosi in gas tramite la combustione. Poeticamente potremmo dire che la candela ora vive nell’aria. Però nonostante questo, bisognerà ammettere che non si ha più né la candela né la fiamma nella forma che conosciamo.

Conclusioni:

L'apparire è qualcosa di diverso dal nascere e dal morire, se questi ultimi termini sono intesi come il diventare qualcosa o il diventare nulla. Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma. In questi termini non si può morire (diventare nulla) perché non si è mai nati (diventati qualcosa). Si è semplicemente parte di un fenomeno complesso (combinazione di materia ed energia) che appare in una forma particolare per un certo lasso di tempo.

Uno dei limiti Certi (con la C maiuscola perché è una delle poche certezze inconfutabili tutt'ora rimaste intatte dopo il passaggio travolgente della filosofia) è che nessun dio onnipotente può annullare ciò che è già apparso. Potrebbe sì eliminare ogni forma dell'esistenza, potrebbe pure farci perdere la memoria di ciò che è stato ma comunque non potrebbe annullare il mio sperimentare il tocco dei tasti nel preciso momento in cui sto scrivendo questo articolo. Questa è la prova del nove del ragionamento da cui siamo partiti. Affermare che l’essere è e il nulla non è è talmente evidente da costituire persino un limite per Dio. Non c'è mistero di fede o metarazionalità che tenga, ciò che è stato è stato.

Ora, il punto della questione non è tanto essere, non essere, questo è il dilemma, bensì comprendere che è errato pensare che il tempo sia il criterio per determinare l'esistenza o meno di qualcosa. L'uomo è portato a ragionare così perché il tempo è una delle dimensioni essenziali che modella la sua percezione del mondo, così come la larghezza e l'altezza. Ciò non basta però per ritenere che lo scorrere degli attimi sia quel discrimine che permette di affermare che qualcosa esiste e poi non più.
Il singolo istante temporale è come un fotogramma inquadrato dall’obiettivo di un proiettore cinematografico durante la visione di un film. Lo scorrere del tempo dà senso al film ma né lo crea né lo distrugge, infatti il film può sempre essere riavvolto da capo e fatto ripartire. Nel caso, si passerà una seconda volta sullo stesso fotogramma già apparso in precedenza. Se lo si riavvolge infinite volte è perché si è il serpente a cui il pastore del Così parlò Zarathustra stacca la testa a morsi.

Battute a parte, per ciò che è ragionevole pensare date le nostre conoscenze attuali, non c'è motivo di credere che esista un qualcuno o un qualcosa capace di riavvolgere il film della nostra vita. Il fatto che sia teoricamente possibile non significa che lo sia anche in pratica. Se il film proiettato venisse lasciato a marcire a tempo indeterminato senza che qualcuno lo guardasse nuovamente, nessun fotogramma verrebbe mai più visto, e quindi non apparirebbe più. 
Ora dovrebbe essere chiaro che nascere e morire possono avere un senso diverso da quello estremo delineato precedentemente in senso metafisico. Nascere non significa passare dal nulla al qualcosa, ma semplicemente apparire, finire ripreso dall’obiettivo che è il tempo; morire significa il contrario, ossia l’uscire dall’inquadratura.

Se i ragionamenti fatti fino a ora mostrano che ipotizzare che non esista la vita oltre la morte sia assolutamente ragionevole, non si è però dimostrato che effettivamente sia questa la verità. Per quel che ne sappiamo potrebbe davvero esserci un dio che premia e castiga gli uomini nell'aldilà, ma questa è tutta un'altra storia, una storia che non è raccontata dal libro della natura e che pertanto rimane invisibile agli occhi della ragione.


Il Cercatore di Senso