domenica 15 gennaio 2023

Jean-Paul Sartre: tra libertà e responsabilità

Con questa riflessione, si vuole delineare, piuttosto concisamente e senza la pretesa di completezza, la posizione filosofica di Jean-Paul Sartre, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1964 (da lui rifiutato) e filosofo rappresentativo della corrente dell'esistenzialismo.

Si è deciso però di intraprendere questo viaggio, non con la classica esposizione dei concetti principali dell'autore o con un riassunto didascalico, bensì seguendo i passi decisi da Sartre in persona nello scritto L'Esistenzialismo è un Umanismo, tratto da una conferenza tenuta nel 1945 e motivato dalla volontà di esporre il proprio pensiero al pubblico generalista.

Dopo le prime pagine, nelle quali vengono esposte le critiche a cui l'autore sente di dover rispondere, si arriva subito al punto della questione:

"l'esistenzialismo è in senso stretto destinata agli specialisti e ai filosofi. Tuttavia la si può definire facilmente.

Ciò che rende complesse le cose è il fatto che vi sono due specie di esistenzialisti: gli uni che sono cristiani, e fra questi metterei Jaspers e Gabriel Marcel, quest'ultimo di confessione cattolica; e gli altri che sono gli esistenzialisti atei, fra i quali bisogna porre Heidegger, gli esistenzialisti francesi e me stesso. Essi hanno in comune soltanto questo: ritengono che l'esistenza preceda l'essenza, o, se volete, che bisogna partire dalla soggettività." (1) 

l'affermazione che l'esistenza preceda l'essenza racchiude in sé, ironicamente, l'essenza stessa dell'Esistenzialismo e implicitamente si pone come critica e superamento di Platone, il quale al contrario, riteneva che l'essenza (l'essere) venisse prima dell'esistenza, o in altre parole, che si collocasse prima e più in alto rispetto al mondo sensibile:

"L'idea è pensata, non è sentita. Noi possiamo toccare, vedere, udire quest'uomo, ma non possiamo toccare, vedere, udire l'"uomo"in sé. 

[...] Il suo esser pensato, tuttavia, e la sua intelligibilità non sono un'imperfezione o una mancanza rispetto all'esser sentito e visto, ma sono anzi la sua perfezione e pienezza rispetto al sensibile.

[...] L'Essere immutabile ed eterno si manifesta cioè nella conoscenza concettuale; mentre la conoscenza non concettuale ha come contenuto l'essere diveniente e corruttibile.

[...] Platone esprime questa differenza dicendo che il mondo delle idee è "iperuranio": sta cioè al di là della volta celeste, che in sé raccoglie l'intero mondo sensibile." (2)

Sartre argomenta questo suo cambio di prospettiva partendo da lontano, andando infatti prima a spiegare e contestualizzare perché per molto tempo la tesi platonica è stata quella più in voga:

"Quando si considera un soggetto fabbricato, come, ad esempio, un libro o un tagliacarte, si sa che tale oggetto è opera di un artigiano che si è ispirato ad un concetto. L'artigiano si è riferito al concetto di tagliacarte e, allo stesso modo, ad una preliminare tecnica di produzione, che fa parte del concetto stesso [...]. Quindi il tagliacarte è da un lato un oggetto che si fabbrica in una determinata maniera e dall'altro qualcosa che ha un'utilità ben definita, tanto che non si può immaginare un uomo che faccia un tagliacarte senza sapere a che cosa debba servire. 

Diremo dunque, per quanto riguarda il tagliacarte, che l'essenza, cioè l'insieme delle conoscenze tecniche e delle qualità che permettono la fabbricazione e la definizione, precede l'esistenza [...].

Allorché noi pensiamo ad un Dio creatore, questo Dio è concepito in sostanza alla stregua di un artigiano supremo [...]. Così il concetto di uomo, nella mente di Dio, è come l'idea del tagliacarte nella mente del fabbricante, e Dio crea l'uomo servendosi di una tecnica determinata e ispirandosi ad una determinata concezione, così come l'artigiano che produce il tagliacarte. In tal modo l'uomo individuale incarna un certo concetto che è nell'intelletto di Dio. Nel secolo XVIII, con i filosofi atei, la nozione di Dio viene eliminata, non così per l'idea che l'essenza preceda l'esistenza." (3)

Vi è poi l'argomento cardine, quello inerente all'esistenzialismo ateo che permette di ribaltare le considerazioni appena esposte:

"L'esistenzialismo ateo, che io rappresento, è più coerente. Se Dio non esiste, esso afferma, c'è almeno un essere in cui l'esistenza precede l'essenza, un essere che esiste prima di poter essere definito da alcun concetto: quest'essere è l'uomo [...].

Che significa in questo caso che l'esistenza precede l'essenza? Significa che l'uomo esiste innanzi tutto, si trova, sorge nel mondo, e che si definisce dopo." (4)

La spiegazione in questo caso è semplice, quasi ovvia dati gli assunti di Sartre. È però necessario non soprassedere su un'importante risvolto di quanto detto fin qui: Sartre esordisce affermando che l'unico punto in comune che hanno gli esistenzialisti, credenti o atei che siano, sia nell'affermare che l'esistenza viene prima dell'essenza. Eppure è evidente che l'argomento che utilizza Sartre per dimostrare la validità della sua tesi è accoglibile pienamente solo da chi ha rifiutato qualunque tipo di visione teista. 

Ciononostante, un cristiano potrebbe fondare il suo esistenzialismo ricordando che "il Sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il Sabato!" (5) così da proporre il primato dell'uomo in carne ed ossa, e di conseguenza della sua esperienza concreta qui sulla terra, tralasciando considerazioni di natura puramente ontologica per lasciar spazio a quelle di stampo teologico.

Così facendo, si potrebbe trovare un punto d'incontro, seppur decontestualizzando parzialmente le parole di Sartre, nell'affermare che:

"l'uomo non è altro che ciò che si fa. Questo è il principio primo dell'esistenzialismo.

[...] Ma che cosa vogliamo dire noi, con questo, se non che l'uomo ha una dignità più grande che non la pietra o il tavolo? Perché noi vogliamo dire che l'uomo in primo luogo esiste, ossia che egli è in primo luogo ciò che si slancia verso un avvenire e ciò che ha coscienza di progettarsi verso l'avvenire." (6)

Con queste considerazioni, Sartre arriva a proporre due postulati estremamente rilevanti per la filosofia in generale ma anche per la vita concreta, che in qualche modo possono essere considerati la summa del suo pensiero:

"Ma, se veramente l'esistenza precede l'essenza, l'uomo è responsabile di quello che è. Così il primo passo dell'esistenzialismo è di mettere ogni uomo in possesso di quello che egli è e di far cadere su di lui la responsabilità totale della sua esistenza.

[...] Quando Diciamo che l'uomo si sceglie, intendiamo che ciascuno di noi si sceglie, ma, con questo, vogliamo anche dire che ciascuno di noi, scegliendosi, sceglie per tutti gli uomini. [...] Se io sono operaio e scelgo di far parte di un sindacato cristiano piuttosto che essere comunista; se, con questa mia scelta, voglio mostrare che la rassegnazione è, in fondo, la soluzione che conviene all'uomo, che il regno dell'uomo non è su questa terra, io non metto in causa solo il mio caso personale: io voglio essere rassegnato per tutti e, di conseguenza, il mio atto ha coinvolto l'intera umanità.

[...] scegliendomi, io scelgo l'uomo." (7)

Siamo quindi di fronte all'affermazione di un principio di libertà e volontà per l'uomo e contemporaneamente di una sua responsabilità incalzante.

Vi è da dire che per arrivare a queste conclusioni, Sartre adopera argomenti filosofici piuttosto impegnativi, approfonditi meglio in opere come L'Essere e il Nulla. Pertanto, arrivati sin qui, si potrebbe forse constatare come a volte gli argomenti sembrano saltare qualche passaggio e considerazione. Ciò non è però un problema, perché come in molti altri ambiti della vita, è spesso più utile cercare di avere un punto di vista globale che permetta di circoscrivere i limiti sui quali focalizzare il proprio pensiero e le proprie congetture, piuttosto che partire direttamente dal basso senza aver neppure l'idea di dove si voglia arrivare.

Concludendo questa breve e per niente esaustiva introduzione a Jean-Paul Sartre, si vuole porre l'attenzione come argomenti apparentemente ostici e lontani dalla quotidianità, possono nascondere profonde riflessioni capaci, da un lato, di spingersi sino ai confini più lontani del pensiero umano, e dall'altro, di toccare le vite concrete di ciascuno di noi.



il Cercatore di Senso

(1) L'esistenzialismo è un umanismo (Mursia 1978), pag. 24, Jean-Paul Sartre
(2) La filosofia antica e medioevale (BUR 2016), pag. 124-125, Emanuele Severino
(3) L'esistenzialismo è un umanismo (Mursia 1978), pag. 25-27, Jean-Paul Sartre
(4) L'esistenzialismo è un umanismo (Mursia 1978), pag. 27-28, Jean-Paul Sartre
(5) La Sacra Bibbia (CEI), Marco 2-27
(6) L'esistenzialismo è un umanismo (Mursia 1978), pag. 29, Jean-Paul Sartre
(7) L'esistenzialismo è un umanismo (Mursia 1978), pag. 30-33, Jean-Paul Sartre