sabato 31 ottobre 2020

È bene essere consapevoli?

"Nella contemplazione della mente, il praticante contempla i propri stati mentali. [...] Il praticante riconosce ed è conscio di ogni stato mentale che si produce attimo dopo attimo." (1)
È davvero sempre utile adoperarsi per rimanere concentrati e consapevoli? Siddharta riteneva di sì. Ma se è così facile perdersi nelle faccende o nei meandri della nostra mente non è forse che la natura voleva fosse proprio così?

Per tentare di rispondere spostiamoci dall'India del 500 avanti Cristo alla Grecia di due secoli dopo, così da scomodare Epicuro, che di piacere ne sapeva tanto da fondare una filosofia su di esso. 
Questi cercò infatti di descrivere i metodi e i passi necessari per godersi una vita gioiosa. Uno dei caposaldi del suo pensiero era la convinzione che una condizione essenziale per poter conservare il piacere derivante da un'esperienza fosse la rarità del piacere stesso.

Facciamo quindi un ulteriore salto in avanti di più di duemila anni, andando ad osservare la moderna teoria economica che definisce il principio dell'utilità marginale decrescente, ovvero quella legge empirica che descrive il fenomeno per cui la soddisfazione derivante dal consumo di un bene o di un servizio diminuisce all'aumentare del consumo stesso.

Pare quindi che in due millenni questa norma non scritta non sia mutata: la quantità di piacere percepito continua ad influenzarne direttamente la qualità.

Se ciò è vero, allora ogni sistema che si sbilancia troppo energeticamente verso un dato aspetto od una data attività, come in questo caso la Mindfulness e la meditazione, non è forse da rifiutare proprio perché non rispettante il vincolo della rarità del piacere offerto?

Di conseguenza viene da chiedersi se Buddha fosse a conoscenza di tale aspetto della psiche umana.

Se in un primo momento potrebbe sorgere un lecito dubbio in merito, osservando più fondo, così da seguire il consiglio del Buddha stesso, possiamo accorgerci di come la consapevolezza generata da una mente che dimora nel presente permetta un effettivo accrescimento della qualità del momento vissuto. 

Infatti, il rendersi pienamente conto di ciò che sta succedendo, dalla caduta di una foglia autunnale al sole che disegna ombre sugli alberi ormai spogli, permette di rallentare, così da evitare di saturarci di piacere troppo in fretta, finendo quindi per annoiarci. Come il nostro cuore deve sì lavorare energeticamente ma senza sovraccaricarsi per evitare scompensi e patologie, la nostra mente dovrebbe sì tendere alla soddisfazione ma senza agitarsi ed intorbidirsi eccessivamente.

Inoltre, vi è da considerare che la Mindfulness non coincide con la pratica della meditazione, questa è da considerarsi piuttosto come l'attività principale dal punto di vista comunitario, ossia per ciò che riguarda la collettività dei praticanti.

Infatti, la presa di consapevolezza che permette di sperimentare pace può avvenire in molteplici momenti della giornata come nelle più svariate attività.
La maggior parte dei momenti di profonda soddisfazione che possono capitare nella vita sono normalmente possibili proprio grazie ad uno stato mentale di concentrazione assoluta; dal piacere derivante dal praticare un hobby al bliss derivante dall'innamoramento.

Per concludere, il gesto del prendere fiato, sia materialmente che figurativamente, provoca una dilatazione del tempo percepito, allontanando così il momento in cui la soddisfazione sarà ormai così tanto abituale da rendersi insapore a noi, esseri sempre alla ricerca di nuove sensazioni.





Il Cercatore di Senso

riferimenti:
(1) Vita di Siddharta il Buddha, Thich Nhat Hanh, Ubaldini editore.