martedì 3 maggio 2022

riguardo alle Religioni da Aperitivo

Oggigiorno si assiste ad un sincretismo religioso forse solo comparabile a quello riscontrabile duemila anni fa presso l'impero romano.

Se tale fenomeno potrà pure entusiasmare editori e scrittori più o meno competenti in materia, chiaramente avrà un impatto diverso su coloro che si considerano ministri e interpreti ufficiali delle maggiori religioni, in primis di quelle monoteiste occidentali.

L'astio e il disgusto che un sacerdote cattolico, per esempio, può provare di fronte alle vetrine delle librerie imbandite di spiritualità da ogni dove è ben giustificabile nell'ottica di una teologia che ha una struttura, una logica e un credo ben definito. Non pare infatti ragionevole l'approccio di quei consumatori di religioni 4.0 che pendono dalle labbra di un santone indiano espatriato negli States mentre al contempo si lasciano ispirare da una figura come Madre Teresa di Calcutta.

Inulte dire che tale discrepanza non può che provocare l'ennesima frattura intergenerazionale, anche se a ben vedere, tale scontrò si verificò in maniera molto simile negli anni delle rivolte giovanili, anni nei quali non a caso vi furono numerose e importanti riforme anche in seno al mondo cristiano.

Ciò detto, chi ha ragione in tale disputa?

Come succede spesso in tali circostanze, nelle quali padri e figli si mettono gli uni contro gli altri, risulta difficile trovare una parte completamente nella ragione e al contempo quella opposta totalmente nel torto.

Sicuramente, quei teologi che vedono nel sincretismo superficialità e populismo religioso hanno ragioni da vendere. Infatti, l'equiparazione di figure vissute in tempi e luoghi molto distanti le une dalle altre è sempre una procedura suscettibile di errori, specialmente se i ricercatori non hanno competenze professionali in merito. Non è inoltre necessario essere complottisti per sospettare che molto sedicenti maestri siano solo approfittatori di tante anime sperdute e desiderose di un senso, pronte a spendere i propri soldi in libri, corsi e kit fai da te per trovare la felicità.

Al contempo però, quei preti che lanciano sentenze ed anatemi verso guru e saggi di altre tradizioni non solo non si rendono conto del profondo stato di crisi nel quale versano le religioni tradizionali, ma ancor più gravemente sono portatori di una pericolosa forma di arroganza nel momento in cui si ritengono gli unici uomini autorizzati a parlare di Dio, Gesù e in senso lato di spiritualità.

Quest'ultima forma di intolleranza pare ancora più ingiustificabile osservando l'evidenza che, anche solo rimanendo all'interno dei confini del mondo occidentale, fino a prima dell'ascesa del Cristianesimo era comune trovare scuole diverse che proponevano le loro morali e le relative vie di salvezza. Inoltre, e ciò è probabilmente il punto della questione attuale, bisogna riconoscere che la religione non è solo paradiso, saggi e regole, in quanto da sempre anche l'aspetto estetico ricopre una funzione fondamentale.

Religione è quindi rito, sensazione, emozione, simbolo e immagine e tutte queste caratteristiche sono ricercate, anche se forse inconsapevolmente, da coloro che spasmodicamente vanno alla ricerca di verità antiche e lontane. Sin da quando l'uomo era vagabondo nelle foreste non erano necessarie solo regole di convivenza bensì anche sensazioni concrete di protezione e sicurezza offerte da riti creduti ispirati dalle divinità.

Si potrebbe quindi affermare a ragione, almeno da un certo punto di vista, che l'uomo moderno, giovane e sempre legato all'evolvere del mondo e della tecnica, si senta attratto verso quelle tradizioni pagane che solo apparentemente possono essere considerate retaggi di un passato remoto completamente scollegato dalla concretezza del presente.

Inutile dire che le proprie inclinazioni filosofico-religiose non potranno che far pendere l'ago della bilancia a favore o a sfavore di tale mutamento della sensibilità spirituale che si sta constatando ma forse, prima di decretare il giusto e lo sbagliato, potrebbe essere utile meditare senza fretta sulla complessità di tale fenomeno culturale intimamente umano.


"la tesi di fondo è che la "dimensione religiosa" è un'esperienza estetica e che l'"organo di percezione" di quest'esperienza è il rito, il quale è, in prima istanza, un "linguaggio estetico" e non una dottrina speculativa. La "scienza liturgica" non può che essere, fondamentalmente, una teologia estetica e la "performance celebrativa" una vivente opera d'arte." (1)



il Cercatore di Senso

(1) dal sito del Monastero di Fudenji (https://www.fudenji.it/seminario_nstc.php)